Non Tutto il Rischio è Uguale

Come si valuta il rischio di un investimento? È una domanda che chiunque si occupi di finanza, dal piccolo risparmiatore al grande gestore di fondi, si pone costantemente. Fino alla metà del XX secolo la risposta è rimasta vaga, affidata all’intuito e all’esperienza. Poi, negli anni ’60, tutto è cambiato. Un modello teorico ha trasformato radicalmente il nostro modo di comprendere il rischio, dando di fatto inizio alla finanza moderna. Quel modello è il Capital Asset Pricing Model (CAPM), e la sua storia inizia con un articolo pubblicato nel 1964 da un giovane economista di nome William F. Sharpe, intitolato “Capital Asset Prices: A Theory of Market Equilibrium under Conditions of Risk“.

Le Quattro Lezioni Controintuitive del CAPM

Il CAPM ha introdotto alcune idee che, all’epoca, erano profondamente controintuitive, ma che oggi costituiscono le fondamenta della teoria finanziaria. Vediamo le quattro lezioni principali che questo modello ci ha insegnato.

1. Il rischio che conta non è quello che pensi

Prima del CAPM, il rischio di un titolo era considerato un concetto monolitico. La prima, e forse più importante, intuizione del modello è stata la distinzione fondamentale tra due tipi di rischio. Da un lato c’è il rischio specifico (o diversificabile), legato alle vicende di una singola azienda: un nuovo prodotto fallimentare, uno sciopero, un cambio di management. Questo tipo di rischio può essere quasi completamente eliminato costruendo un portafoglio ben diversificato.

Dall’altro lato c’è il rischio sistematico (o di mercato), che dipende da fattori macroeconomici che influenzano tutti i titoli, come una recessione, una crisi geopolitica o una variazione dei tassi d’interesse. Questo rischio non può essere eliminato, non importa quanto si diversifichi.

L’idea rivoluzionaria di Sharpe è che il rendimento atteso di un titolo non dipende dal suo rischio totale, ma solo dalla sua esposizione al rischio sistematico. Il mercato, in altre parole, non ti ricompensa per l’assunzione di un rischio che potresti facilmente eliminare. Ti paga un premio solo per sopportare il rischio che tutti devono affrontare, quello di mercato.

2. In un mondo ideale, tutti gli investitori detengono lo stesso portafoglio

Sharpe riuscì a completare il processo di trasformazione iniziato da Harry Markowitz e James Tobin, portando le loro idee alla loro logica conclusione in un quadro di equilibrio generale. Il risultato è una conclusione di un’eleganza sorprendente: in un mercato in equilibrio, dove tutti gli investitori razionali hanno accesso alle stesse informazioni, tutti arriveranno a detenere la stessa identica combinazione di attività rischiose.

Questa combinazione è nota come il “portafoglio di mercato”. Non è solo una scelta elegante, ma la conseguenza necessaria dell’equilibrio: rappresenta la forma di diversificazione definitiva, contenendo ogni possibile fonte di rischio e rendimento presente nell’economia. Questa teoria semplifica radicalmente la complessità delle scelte di investimento. Invece di dover analizzare migliaia di titoli, la scelta ottimale è possedere una fetta dell’intero mercato. Le differenze tra i portafogli individuali dipenderanno solo da quanta parte del capitale si decide di allocare a questo portafoglio di mercato e quanta in un’attività priva di rischio.

3. Un singolo numero, il Beta, riassume il rischio di un titolo

Se il rischio che conta è solo quello sistematico, come lo misuriamo? Prima di Sharpe, il rischio era un concetto vago, quasi filosofico; dopo, divenne un numero calcolabile. Sharpe introdusse qui la sua più grande innovazione concettuale: il coefficiente beta (β). Il beta è un singolo numero che misura la sensibilità di un titolo ai movimenti del mercato complessivo.

La sua interpretazione è semplice e potente:

  • Un beta pari a 1 indica che il titolo tende a muoversi in linea con il mercato. Se il mercato sale del 10%, il titolo tenderà a salire del 10%.
  • Un beta superiore a 1 indica un titolo più “nervoso” del mercato, che ne amplifica le oscillazioni sia al rialzo che al ribasso.
  • Un beta inferiore a 1 indica un titolo più stabile, che attenua i movimenti del mercato.

Il CAPM propone inoltre una chiara relazione lineare tra il rischio sistematico di un titolo (il suo beta) e il suo rendimento atteso. Per la prima volta, analisti e investitori avevano un linguaggio comune e comparabile per misurare il rischio e prevederne il compenso.

4. Il momento in cui la finanza è diventata una scienza

Il CAPM è stato molto più di una semplice formula. Ha segnato la maturità teorica della finanza, trasformandola da una disciplina descrittiva a una vera e propria scienza con modelli deduttivi e verificabili. La sua genialità è stata nel creare un ponte tra le decisioni del singolo investitore (micro) e i prezzi delle attività che ne risultano a livello di intero mercato (macro).

Questa intuizione, sviluppata contemporaneamente anche da John Lintner e Jan Mossin, ha fornito la prima teoria unificata per spiegare perché i rendimenti attesi differiscono tra i vari titoli. Ma il suo impatto è stato anche immensamente pratico, fornendo una struttura teorica per la valutazione del costo del capitale per le aziende, la gestione dei fondi d’investimento e la misurazione della performance dei portafogli.

Questo cambio di paradigma ha trasformato il concetto stesso di rischio, come riassunto magistralmente in questo passaggio:

Il rischio, da semplice fastidio da evitare, diventa una grandezza economica fondamentale, misurabile e prezzabile. La finanza moderna nasce qui nella sua forma completa: una teoria dell’equilibrio dei mercati in condizioni di incertezza, dove il rendimento è il compenso per il rischio e il rischio è l’elemento che unisce le scelte individuali al comportamento collettivo del sistema economico.

Conclusione: Uno Sguardo al Futuro

L’impatto del Capital Asset Pricing Model è stato immenso. Ha fornito a generazioni di investitori, manager e accademici un framework logico per comprendere la relazione fondamentale tra rischio e rendimento, influenzando ogni aspetto della finanza, dalla valutazione aziendale alla gestione dei portafogli.

Anche se oggi esistono modelli più complessi e sofisticati, la distinzione fondamentale tra il rischio per cui veniamo pagati e quello che possiamo eliminare rimane un pilastro della finanza. La prossima volta che valuterai un investimento, a quale rischio starai veramente prestando attenzione?

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