Conoscere il mondo: modelli, residui e limiti della mente umana

Ogni epoca cerca di capire il mondo costruendo modelli. Non modelli nel senso tecnico ristretto, ma strutture concettuali che riducono la complessità della realtà per renderla comprensibile, comunicabile, abitabile. La storia della conoscenza non è la storia di una verità che si avvicina alla completezza, ma di modelli che diventano progressivamente più affidabili, pagando però il prezzo dell’incompletezza.

La vera rottura del metodo scientifico

La nascita della scienza moderna non coincide semplicemente con l’uso della matematica o con l’osservazione sistematica. La rottura decisiva è più radicale: l’accettazione consapevole di modelli incompleti.

Prima della modernità, un buon modello del mondo doveva spiegare tutto. Nel mito, nella metafisica classica, nella teologia naturale, ciò che restava fuori era un fallimento. Non era ammesso un “residuo”: ogni evento doveva avere una causa, un fine, un significato.

Con Galileo e Newton accade qualcosa di nuovo. La legge scientifica non pretende più di essere totale. Dice meno, ma lo dice meglio. Rinuncia alla spiegazione ultima per guadagnare precisione, replicabilità e potere predittivo. In termini formali, la scienza moderna scrive un modello sapendo che non è un’identità del reale, ma un’approssimazione.

Il residuo come conquista epistemica

Il vero gesto rivoluzionario della scienza è rendere legittimo il residuo. In una regressione, il termine di errore non è un incidente: è strutturale. Anche con dati perfetti e parametri stimati senza errore, il residuo non scompare. Questo non indica ignoranza, ma consapevolezza del limite. Un modello scientifico funziona proprio perché accetta di non catturare tutto. Il residuo, in origine, è una conquista epistemica: il segno matematico che il modello non coincide con il mondo.

Il successo straordinario della scienza produce però un effetto collaterale. Poiché i modelli funzionano, il residuo tende a essere reinterpretato come qualcosa di transitorio: rumore, errore di misura, mancanza temporanea di dati. Progressivamente, il residuo perde dignità concettuale. Non è più ciò che eccede il modello, ma ciò che verrà prima o poi assorbito da un modello migliore. Questa convinzione non è scientifica: è metafisica. Nessun modello garantisce che, aumentando dati e complessità, il residuo tenda a zero. Alcuni residui non dipendono dalla qualità dei dati, ma dalla struttura stessa del modello.

Arte, letteratura e mito: non spiegazioni concorrenti

Qui si collocano gli altri modi di comprendere il mondo. Arte, musica, letteratura e mito non sono tentativi primitivi di spiegazione causale, destinati a essere sostituiti dalla scienza. Sono risposte a una domanda diversa.

La scienza riduce la complessità per stimare relazioni affidabili. L’arte non riduce: esplora. Non spiega il residuo, ma lo rende esperibile. Non aumenta la capacità predittiva, ma la capacità di abitare ciò che non è riducibile a legge.

Il progresso della conoscenza non elimina questi linguaggi: li differenzia. Il mito spiegava tutto e spiegava male. La scienza spiega poco e spiega bene. L’arte non spiega, ma mostra.

Il vero limite della scienza: la mente umana

Il limite ultimo della scienza non è il metodo, ma chi lo utilizza. I modelli scientifici sono prodotti di una mente umana finita, evolutivamente adattata a problemi locali, incline a semplificare.

La regressione lineare è una buona metafora cognitiva. È semplice, potente, sorprendentemente efficace. Ma tenta continuamente di descrivere fenomeni non lineari, dinamici, emergenti.

Non è un errore: è una necessità. Senza una drastica riduzione della complessità, non esisterebbe alcuna conoscenza condivisibile. Ma questa stessa riduzione genera residui che non dipendono dai dati, bensì dai limiti del nostro modo di pensare.

Il paradosso moderno

Il paradosso della modernità scientifica è che il successo dei modelli rende facile confondere affidabilità locale con completezza ontologica. Un alto livello di spiegazione viene scambiato per una descrizione esaustiva del reale.

Ma nessun valore di bontà del modello dice nulla su ciò che il modello non può, in linea di principio, catturare.

La scienza ha migliorato radicalmente il nostro modo di conoscere il mondo accettando modelli parziali. Ha avuto successo rendendo il residuo operativamente irrilevante. Rischia di diventare dogmatica quando dimentica che quel residuo nasce anche — e forse soprattutto — dai limiti della mente che modella. La realtà non è lineare. Lineare è il nostro modo di pensarla. E il progresso della conoscenza non consiste nell’eliminare il residuo, ma nel riconoscerlo senza smettere di migliorare i modelli.

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